martedì 24 gennaio 2012

Contributo inviatoci - Omaggio alla figura di Corneliu Zelea Codreanu -

Vi proponiamo, con piacere, un componimento inviatoci ch'ha intenzione d'omaggiare la figura di Codreanu. Buona lettura.


Nel novero dei fascismi europei, che tanto si sono differenziati tra loro per dinamiche, struttura e strategie, una caratteristica comune di fondo rinvenibile è senz’altro l’aurea che ha circondato il leader di riferimento. Questa caratteristica, più che in tutti gli altri esempi che l’Europa ci ha fornito, è ravvisabile nella “Legione dell’Arcangelo Michele”, da cui poi prenderà forma e vita la “Guardia di ferro” del mistico Corneliu Zelea Codreanu.
L’ispirazione fortemente religiosa di questo movimento, che pure ne ha caratterizzato fortemente l’economia rivoluzionaria, non è la sola componente degna di rilevo, sebbene questa abbia contribuito a creare (ma sarebbe più opportuno dire riscoprire) quella fides propria di ogni movimento antimoderno che si è affacciato in Europa nello scorso secolo.
Ma nel leggendario Capitano ritroviamo anche l’eredità migliore delle radici del nostro mondo classico; la devotio romana ad esempio, al di là della differente matrice pagana rientrante in quest’ultima, ma anche lo stoicismo di fronte alle avversità. Seneca diceva che “infelice è colui che mai ha incontrato la sciagura ed il dolore, perché costui non ha occasione di sperimentare e di conoscere la propria forza”. Ebbene, il Capitano Codreanu conosceva davvero la sua forza, perché in lui ammiriamo la sopportazione costante del sacrificio che non diventa mai tacita rassegnazione, nemmeno nell’angusta detenzione che si concluderà prima, tramite un processo farsa, ad una condanna a dieci anni di lavori forzati (1938) e dopo qualche mese da tale sentenza alla morte per strangolamento insieme ai suoi più fedeli camerati. Eseguita la sepoltura, quindici giorni dopo la fossa comune verrà aperta e sulle salme verrà gettato del vetriolo, a testimonianza di quale estremo grado riesca a raggiungere l’umana vigliaccheria.
Nel corso del suo personale calvario, mai troviamo nel Capitano parole d’odio nei confronti dei suoi aguzzini, sicuramente grazie al rapporto costante con la preghiera che ha in lui l’effetto rinnovatore che solo la fede pura riesce a garantire.
La riprova della sua grandezza sta nella sua attualità in ogni nuova piccola alba del nostro mondo ideale. Infatti, l’appellativo “legionario” ed il termine “cuib” (nido) sono stati e sono tuttora correnti in molti organismi che si richiamano ai principi del mondo tradizionale.
Ci piace concludere, richiamando un passo del suo “Diario dal carcere” del quale consigliamo assolutamente la lettura, un estratto che non è politico ma umano, nel senso che caratterizza, meglio di ogni altro, la purezza d’animo del mistico Capitano.
“Ora è sera mi sembra un secolo da questa mattina. Non ho con chi scambiare una parola. Un passerotto ha fatto il nido nel vano della finestra. Viene anch’esso a dormire. Gli do sempre delle briciole. Aspetto che mi portino il pasto. Ma neppure con loro posso parlare. Vengono sempre il tenente di servizio e il sottufficiale. Non possono parlare con me, ma si comportano con una delicatezza che per me è una consolazione. Povero soldato! Una creatura superiore che fa il suo dovere correttamente, eseguendo rigidamente gli ordini ricevuti, ma nei cui occhi non c’è passione, né cattiveria. Eleganza spirituale. Scuola dell’esercito romeno. Com’è bello!”.
Ciao Capitano.

                                                                                                    Avv. Francesco Russo

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