sabato 19 maggio 2012

Contributo inviatoci: - Maria nell'arte: la mariologia di Petrarca - di J. M.


Vergine bella, che di sol vestita,

coronata di stelle, al sommo Sole
piacesti sì, che 'n te Sua luce ascose,
amor mi spinge a dir di te parole:
ma non so 'ncominciar senza tu' aita,
et di Colui ch'amando in te si pose.
Invoco lei che ben sempre rispose,
chi la chiamò con fede:
Vergine, s'a mercede
miseria extrema de l'humane cose
già mai ti volse, al mio prego t'inchina,
soccorri a la mia guerra,
bench'i' sia terra, et tu del ciel regina.
[…]
Vergine, quante lagrime ò già sparte,
quante lusinghe et quanti preghi indarno,
pur per mia pena et per mio grave danno!
Mortal bellezza, atti et parole m'ànno
tutta ingombrata l'alma.
[…]
Vergine d'alti sensi,
tu vedi il tutto…
Il dí s'appressa, et non pòte esser lunge,
sí corre il tempo et vola,
Vergine unica et sola,
e 'l cor or coscïentia or morte punge.
Raccomandami al tuo figliuol, verace
homo et verace Dio,
ch'accolga 'l mïo spirto ultimo in pace.



Francesco Petrarca, scrittore e poeta italiano, nasce ad Arezzo, il 20 luglio 1304 e muore ad Arquà, il 19
luglio 1374.
L'opera - per cui è universalmente noto - è il Canzoniere, o meno comunemente conosciuto col titolo originale
in lingua latina Francisci Petrarchae laureati poetae Rerum vulgarium fragmenta (Frammenti di
componimenti in volgare di Francesco Petrarca, poeta laureato).
Si tratta di un'autobiografia spirituale, caratterizzata da 366 componimenti divisi in 317 sonetti, 29 canzoni,
9 sestine, 7 ballate e 4 madrigali.
Frequenti sono i riferimenti alla Sacra Scrittura (sonetto LXXXI Io son sì stanco), al Vangelo (O voi che
travagliate, ecco 'l camino) e ai Salmi ( salmo LIV,7 "Qual grazia, qual amore o qual destino/ mi darà penne
in guisa di colomba/ ch'io mi riposi e levimi da terra?"), ma, un aspetto da non sottovalutare è l’amore che
egli nutre per la Vergine Maria, tanto da dedicarle la lode finale dell’opera, implorando perdono ed
esprimendo un intenso desiderio di superare ogni conflitto e di trovare finalmente la pace.
A differenza di Dante, Petrarca resta legato alla sfera umana, esaminando, dinanzi alla Vergine, la sua
coscienza e sentendo il bisogno del suo soccorso. Mentre, nel poeta fiorentino, Maria Santissima è l’ideale
della contemplazione, modello delle virtù, che affascina e conquista l’anima, la Vergine cui si rivolge il
poeta aretino, è il rifugio dei peccatori - Consolatrix afflictorum, Auxilium christianorum - e, difatti, il
dissidio tra peccato e grazia, che vive Francesco, viene risolto proprio dalla preghiera a Colei che è
refrigerio al cieco ardor ch’avvampa qui fra i mortali sciocchi.
La mariologia del Petrarca si caratterizza di una serie di appellativi che mettono in risalto lo splendore e la
missione altissima della Madre di Dio, ma soprattutto, ci presenta una bellezza memore dell’Apocalisse
(Vergine bella, che di sol vestita, coronata di stelle...).
La sua, è una lode dettata dalla fiducia e dalla speranza, mostrando un'autentica devozione e un sincero
affetto.
Invoco lei che ben sempre rispose, chi la chiamò con fede - Vergine, s'a mercede miseria estrema de
l'umane cose già mai ti volse, al mio prego t'inchina; soccorri a la mia guerra, ben ch'i' sia terra e tu del ciel
regina, versi, questi, che sembrano ricordarci la splendida preghiera-lirica di San Bernardo di Chiaravalle
Se insorgono i venti delle tentazioni, se ti imbatti negli scogli delle tribolazioni, guarda la stella, invoca
Maria...; insomma, il poeta è convinto della potente intercessione della Regina del Cielo e le chiede aiuto e
sostegno (saldo scudo delle afflitte genti), con un’accorata preghiera.
L’estasi “amorosa” del Petrarca è suscitata, anzitutto, dalla Bellezza celestiale e inimitabile della Madonna
(Vergine sola al mondo senza exempio, che 'l ciel di tue bellezze innamorasti) quasi a confermare che è
dall’eternità che Dio La guarda; è dall’eternità che Egli aspettava la pienezza dei tempi; è dall’eternità che
Dio pensava a Maria, formandola più bella che mai, riempiendola di grazie, di ogni bellezza, e rendendola
Immacolata. Scrive bene Benedetto XVI: L’autentica Bellezza schiude il cuore umano alla nostalgia, al
desiderio profondo di conoscere, di amare, di andare verso l’Altro, verso l’Oltre da sé. Se accettiamo che la
Bellezza ci tocchi intimamente, ci ferisca, ci apra gli occhi, allora riscopriamo la gioia della visione, della
capacità di cogliere il senso profondo del nostro esistere... . Si capisce allora perché – come scrive
Dostoevskij – l’umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane, ma soltanto senza la Bellezza
non potrebbe più vivere.



Tutta la Canzone alla Vergine, si incentra sulla sospirata cessazione della sua lotta interiore, cercando
soccorso contro il Tentatore (Vergine, ma ti prego Che 'l tuo nemico del mio mal non rida", ma soprattutto
cercando di “toccare” il Cuore di quella Mamma che tanto soffrì presso la Croce, provando un vero e proprio
martirio interiore.
Quante lacrime ha versato l’autore e quanto spesso si è sentito incapace di sostenere le sue ansie, le sue
preoccupazioni, i suoi timori e le sue lotte; solo la Madonna, dunque, Mediatrice di tutte le Grazie, può
intercedere presso Dio, concedendogli la guarigione.
Vergine tu vedi il tutto… Medusa e l'error mio m'àn fatto un sasso d'umor vano stillante. La Vergine sa e
conosce l’animo di Francesco, il quale si è lasciato pietrificare da Medusa (Laura) che lo ha legato a sé con
un amore che non ha una funzione beatificante, come nello Stil Novo, ma più che altro di peccato.
Raccomandami al tuo Figliuol, verace omo e verace Dio, ch'accolga 'l mio spirto ultimo in pace, è questo
l’ultimo verso della lode che ci ricorda la stessa di Sant’Ignazio di Loyola, che accompagna le nostre
comunioni In hora mortis meae voca me, et jube me venire ad Te, quando, o Signore, arriverà l’ora della
mia morte, chiamami, e ordina che io sia portato dinanzi a Te e al tuo Cuore che è fornax ardens caritatis.
Francesco guarda a Maria senza timore, innamorandosi sempre più di quella Bellezza che sola salverà il
mondo, di quella Bellezza, che, a detta di Hans Urs von Balthasar, è l'ultima parola che l'intelletto pensante
può osare di pronunciare, non facendo altro che incoronare, quale aureola di splendore inafferrabile, il
duplice astro del vero e del bene ed il loro indissolubile rapporto.

- Tratto da Missio Immaculatae International -

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