sabato 31 marzo 2012

Alcuni consigli pella fortificazione dei figli (e di sé stessi).

Crescere i figli è uno dei compiti più complessi ai quali siamo stati (quasi) tutti destinati. Crescere noi stessi, in più, è un qualcosa di inevitabile.
Crescere un figlio significa porre le basi pel buon (o meno) svolgimento d'un'esistenza, pella riuscita d'una salvezza eterna. Altresì, crescere noi stessi - nella giusta maniera - è essenziale per mantenerci sul giusto cammino.
Non m'accaparrerò certo il diritto di predicare com'è giusto tirar su un figlio: voglio solo riunire alcuni consigli i quali certamente rivolgerei a qualsiasi persona me ne chiedesse, sia per un figlio che per sé stessi.


Necessario è crescere (e crescersi) persone ferme. L'immobilità di Dio ci fa dedurre che la perfezione sta nella staticità, tant'è che noi, esseri imperfetti, ci differenziamo da Dio anche pella nostra mutevolezza. Con persone ferme voglio intendere decise, sicure, aventi basi forti a cui aggrapparsi, caratterizzate da univocità. Con univocità intendo serbare il minor numero possibile di punti discutibili, attaccabili, il minor numero possibile di ambiguità; specialmente in campo di Fede (la quale è razionale) e di morale, bisogna debellare le debolezze.
A parer mio, la fermezza è quanto acquisiremmo in una condizione di crescita (che si tratti di quella infantile o di quella condotta in età adulta) ideale. Siccome questa condizione è, per forza di cose, quasi impossibile, bisogna tener presente che la perfezione si può solo vagamente rasentare. 


Due sono le condizioni necessarie: consapevolezza e serenità.
Dare consapevolezza ad un infante significa anzitutto non oscurargli l'argomento "male", farglielo affrontare. S'ha paura di ciò che non si conosce, mentre si ci può difendere e si può smontare ciò di cui conosciamo le debolezze. Per fare ciò, però, bisogna che l'argomento sia trattato in una situazione di palese avversità: è assolutamente male che si lasci il soggetto in crescita in balia di ambiguità; così io non permetterei a mio figlio di vedere cartoni o leggere giornaletti ambigui, ma lascerei che il bimbo guardasse cartoni e leggesse giornaletti in cui il male è presente, ma è condannato. In questa maniera, crescendo, il bimbo non verrà traumatizzato dallo scoprire il male violentemente, bensì sarà vigile. Tanto vale anche pell'adulto che sta affrontando un percorso di crescita: egli non frequenterà compagnie ambigue, ma non fuggirà i discorsi - circa condotte errate ed argomenti negativi - fatti con cognizione di causa.
Dare serenità vuol dire far sì che l'infante non cresca in un ambiente teso. E' necessario che la famiglia venga vista dal bimbo come una fortezza. Ci deve essere armonia, amore. La famiglia deve rispettare l'ordine delle cose, affinché il bimbo provi piacere nello starci, vi si senta sicuro. Questo porrà le basi anche per una persona legata ai valori tradizionali, in quanto questa avrà una forma mentis ben strutturata. Estremamente utile è che non vi siano preoccupazioni tali da ostacolare l'assimilazione della Verità. Pell'adulto possiamo fare parallelismo colla necessità ch'egli cerchi di stabilire serenità nella sua famiglia, nel suo ambiente lavorativo, nelle comitive che frequenta, nella sua vita. Egli dovrà evitare di condurre una vita caratterizzata da ansia, fretta e nervosismi vari, per quanto sia questo, oggi, possibile. Sarebbe anche utile (nonostante rasenti l'utopia dirlo, in questi tempi) cercare un lavoro di contatto colla natura, un lavoro che non opprima e che rispetti la dignità di uomo. Bisogna educare (ed educarsi) a ritenersi esseri umani, non animali né esseri economici, non macchine: bisogna aver ben presente cosa è realmente l'essere umano, agire rispettando ciò. 

Consapevolezza significa anche che il bambino deve cominciare a capire d'essere un essere imperfetto, così come imperfetto è ciò che intorno: non deve essergli nascosta la verità poiché troppo "grande" pella sua età, ma deve essergli resa comprensibile, semplice. I primi anni di vita, infatti, sono quelli caratterizzati da maggiore malleabilità: questa è un'opportunità la cui perdita sarebbe imperdonabile. Anche l'adulto deve evitare di credere di poter raggiungere la perfezione in questa vita, altrimenti la difficoltà e la delusione lo spingerebbero ad abbandonare il giusto percorso.

Bisogna far sì che il bimbo consideri Dio in ogni cosa che andrà a fare, in maniera tale che prenda familiarità collo Stesso. Vedere Dio come una presenza perenne, come un Qualcuno che c'è anche nelle nostre azioni più banali, ci proietta certamente in una dimensione meno soggetta alle debolezze mondane. Parimenti l'adulto deve cercare di avere un rapporto familiare con Dio, pur mantenendosi nel rispetto e nella sottomissione: Dio infatti non è una figura dispotica tra noi e 'l Quale v'è distacco e freddezza, Egli è il Padre, e, come il nostro padre terreno ci darà affetto e avrà, con noi, un rapporto confidenziale, tanto più il Padre Celeste è legato a noi da amore.

Il soggetto in crescita (si parli specialmente dei bambini) deve essere pronto alla difficoltà: necessario è attraversare le proprie prove psichiche, spirituali e fisiche. "Ciò che non uccide fortifica". Ciò servirà a far sì che il soggetto veda nella sua formazione un'arma, affinché egli non possa esser tentato di cedere alle sulfuree, solite, lusinghe, coll'illusione di poter eludere le prove. Egli deve imparare a vedere nelle basi che i genitori (o sé stessi) stanno tentando di dargli una corazza, uno scrigno che contiene la forza necessaria per sopportare la ricerca della chiave di risoluzione di situazioni problematiche. I bambini hanno (devono avere) l'appoggio dei genitori e delle altre figure di loro responsabili, ma gli adulti possono trovare conforto nel fatto che 'l Signore non pone mai difronte al suo servo una voragine più lunga della sua gamba: perciò non abbiano timore. 

In ultimo, mi sento di sottolineare la necessità di debellare gli eccessi: Dio è buono e giusto, la Sua bontà e la Sua giustizia si bilanciano perfettamente. Cercare anche voi di essere così coi vostri figli (o con voi stessi); non privateli(vi) di tutto ciò che dà loro(voi) piacere e gioia, né educateli(vi) all'ozio ed alla mancanza di responsabilità e dovere. Questo è essenziale, a mio parere, per un percorso di crescita equilibrato e sereno.



Il nostro obbiettivo è formare uomini che, in forza dell'accettazione dell'immenso dono che il Signore ha voluto farci, siano realmente capaci di vivere. Proiettare ciò nei nostri tempi significa formare uomini pronti ad affrontare le tribolazioni che ci sono e quelle che ci attendono, affinché possano ottenere la meritata ricompensa.

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