domenica 18 marzo 2012

Aborto: assurdità del nostro tempo


  • Illogicità dell'aborto. 

Cavalcando il nonsenso della nostra epoca, si sta riuscendo a contorcere la coscienza comune: essa sta sempre più assimilando l'aborto come un presunto “diritto della donna”.

In quanto essere umano capace d'intendere e di volere (perciò pienamente padrone di sé stesso e della propria vita), costei avrebbe diritto a decidere della propria maternità. In questo caso, assistiamo al “diritto d'una vita di decidere d'un'altra”, questo dovrebbe – quindi - significare che la vita embrionale possiede una minore dignità intrinseca, rispetto a quella d'un essere umano “compiuto”; altrimenti da dove nascerebbe questo diritto?

Considerando che qualcosa di inferiore non può suscitar da sé qualcosa di superiore, siamo caduti nell'assurdo. Come potremmo mai - noi esseri umani - avere determinate caratteristiche, se l'embrione non le possedesse già in potenza?

  • Aborto come incentivo alla morte d'una civiltà.

Tutti sanno che avremmo bisogno di figli, ma molti (non tutti, ancora, per grazia divina) insistono nell'asserire che uccidere figli della nostra terra sia un diritto inviolabile delle donne della nostra stessa terra.

L'Italia ha un tasso di natalità inferiore a quello minimo pel mantenimento d'una popolazione, da decenni; inoltre, date le invasioni da parte di stranieri, possiamo asserire di starci dirigendo verso l'estinzione; l'italianità si sta diluendo in un aggregato informe di vite umane che niente hanno in comune; che, quindi, non possono definirsi popolo.

Coll'aborto stiamo contribuendo a condannare a morte un popolo.

  • Aborto come avvilimento della dignità dei legami affettivi e della sessualità umana.

Coll'accettazione dell'aborto, assistiamo alla scissione del potenziale vitale proprio dei sentimenti e della sessualità, da questi stessi. Siamo così felici di rendere la vita una proprietà opzionale di quanto noi compiamo e proviamo? Le azioni nostre - che siamo esseri vivi - possono mai prescindere dalla vita? Non accettando la vita, noi che siamo vita, non accettiamo noi stessi.



La vita è un qualcosa sotto cui l'uomo è posto a dipendenza. In quanto s'è a dipendenza di cose superiori a noi, il fatto che vogliamo accaparrarci il diritto di capire e amministrare la stessa è un qualcosa di pericoloso e controproducente. Noi non accettiamo che la gente contribuisca a mettersi in pericolo: è dovere informare, combattere, resistere alla seduzione delle parole vuote, ipocrite e sulfuree di coloro i quali vogliono incantarci con false concezioni di diritto, dignità e libertà.

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